Queste due sono le doti principali di un buon allenatore!


Ogni tanto mi viene la fissa di spostare mobili e librerie. In questo "gioco", trovo spesso dei pacchi con riviste e libri dentro.

Poiché ho la brutta abitudine (o bella, a seconda dei punti di vista) di non buttare via nessuna rivista, l’altro giorno, mentre aprivo uno di questi pacchi, mi è capitata in mano una vecchia copia di Millionaire in cui ho trovato una bellissima intervista di Lucia Ingrosso a Carlo Ancelotti. 
In quell'intervista, il mitico allenatore italiano, raccontava come aveva imparato ad allenare.
Ammetto che sia po' datata (novembre del 2003). Ma proprio perché è di quasi 15 anni fa, è interessante leggerla, poiché mostra un Ancelotti già capace di capire che lavorare sulla mente umana avrebbe fatto la differenza.

Il Carletto romagnolo raccontava di come Arrigo Sacchi fosse stato il Suo Maestro, prima come giocatore e poi come secondo, sempre al Milan. Alla domanda della giornalista che gli chiedeva cosa servisse per emergere, citava, in sequenza:

“Basi tecniche, abilità psicologiche, passione e una conoscenza approfondita dell’ambiente. Ma su tutto, la coerenza”.
Nell'intervista, Ancelotti spiegava che le rose erano sempre più numerose e composte da 25 –26 giocatori, tutti bravi. A fare la differenza – continuava il Carletto era sempre più l’aspetto psicologico. 

Da questa intervista si capisce perché Carlo Ancelotti è diventato quel grande allenatore vincente che tutti conosciamo oggi. Non soltanto ha fatto un gran lavoro su se stesso, con l’aiuto di un mental coach della Sua regione (credo fosse Livio Sgarbi), ma anche con i giocatori del Milan. Benché fossero già dei campioni, ha saputo lavorare molto sulla loro “mente”, guidandoli e aiutandoli nei momenti di maggior stress e difficoltà.

Ma il modo di pensare di Carlo Ancelotti non deve sembrare unico. Molti altri grandi allenatori (dell'epoca), intervistati dalla stessa Lucia Ingrosso, hanno dichiarato cose simili. Alla domanda, quali siano le doti principali per essere un buon allenatore, hanno risposto:

  • Passione, Abilità psicologiche e Coerenza (Carlo Ancelotti);
  • Passione di stare in campo (Luigi Del Neri);
  • Tecnica e psicologia (Renzo Ulivieri);
  • Capacità di essere nella mente dei giocatori (Alberto Cavasin).
Insomma, da questo piccolo spaccato, emerge chiaramente come le doti più importanti di un buon allenatore siano la passione e buone abilità psicologiche. 
Aggiungerei la capacità di essere un buon Mentore, una sorta di punto di riferimento e guida. Particolarmente importante per gli allenatori del settore giovanile. A tale proposito, leggi il mio articolo Il Mental Coach sportivo nel settore giovanile, mentore più che allenatore.

Sei un allenatore? Fammi sapere cosa ne pensi, lasciami il tuo commento al post.

Giancarlo Fornei




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